Tolentinum, il Museo archeologico ed il Mausoleo di Catervo
La posizione geografica di Tolentino, lungo la riva sinistra del fiume Chienti, ha favorito insediamenti umani sin dalla preistoria ed ha agevolato contatti e scambi lungo le vie commerciali.
Le prime testimonianze di frequentazione del territorio risalgono al Paleolitico, si tratta di strumenti in pietra (amigdala) visibili nella Raccolta Civica. Nel 1884 l'erudito Aristide Gentiloni Silverj trovò un ciottolo con raffigurato, inciso, un uomo con la testa di erbivoro oggi conservato al Museo Archeologico Nazionale delle Marche di Ancona. Il manufatto, erroneamente ritenuto un falso, è datato al Paleolitico superiore ed attualmente rappresenta la più antica testimonianza di arte mobile delle Marche e tra le più significative d'Europa.
Abitati dell'età del bronzo sono stati scavati della Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche in località S. Egidio e in Contrada Cisterna. Gli straordinari materiali di quest'ultima indagine sono esposti in una mostra permanente ospitata in un salone al piano terra del Castello della Rancia sede del Museo Civico Archeologico.
La parte più cospicua e significativa della collezione civica è rappresentata dai materiali provenienti dalle necropoli picene (scavi 1879-1883 del conte Aristide Gentiloni Silverj e 1979-1980 della competente Soprintendenza) che sono una delle testimonianze più preziose della civiltà picena nelle Marche. Le necropoli - Settedolori, Rotondo, Bura, Benaducci e Sant'Egidio - poste intorno all'attuale centro storico, danno testimonianza di tutte le fasi di sviluppo di questo popolo italico dal IX al III secolo a.C. Dalle necropoli, che narrano le trasformazioni economiche e sociali che hanno segnato la storia di questa popolazione fino all'annessione allo stato romano, emerge l'immagine di una società organizzata in gruppi con divisione interna dei ruoli e delle funzioni in cui dominano i personaggi eminenti dei principi guerrieri.
I reperti, provenienti da circa 100 corredi tombali, con la loro ricchezza raccontano l'importanza dei defunti, qualificati come principi guerrieri per la presenza delle armi, dell'armamentario per il taglio e la cottura delle carni e dei preziosi vasi di importazione greca e etrusca. I numerosi disegni presenti nel diario di scavo del Silverj permettono di conoscere con esattezza la posizione dei materiali: le armi sono generalmente ai lati dello scheletro, le fibule e gli ornamenti sul petto e sulle spalle, gli anelli infilati nelle dita della mano sinistra e raramente dei piedi. Grazie a questi dati è stato possibile ricostruire, all'interno del Museo Civico Archeologico una tomba a grandezza naturale (n. 23 della necropoli Settedolori).
Le presenze meglio documentate del sito si datano dal VII-VI secolo a.C.; il periodo di massima fioritura per la civiltà picena, denominato fase orientalizzante.
Di notevole importanza il corredo della tomba di Porta del Ponte datata alla seconda metà del VI secolo a.C. Tra i materiali recuperati di pregevole fattura due anse in bronzo che rappresentano il cosiddetto “signore dei cavalli”, tema ricorrente con cui si allude al possesso di tali animali e al loro assoggettamento. Il signore dei cavalli rappresenta dunque il valore militare e la dignità eroica del
defunti appartenti al élite del popolo piceno.
Per l'età romana le testimonianze archeologiche visibili sono scarse a causa della continua sovrapposizione insediativa fino all'età moderna. Dai documenti epigrafici (municipes Tolentinates in C.I.L. IX 5570) e dalla fonti antiche (Plinio il Vecchio Naturalis Historia III, 13, 111) è accertato che Tolentinum fu municipio romano e che i suoi cittadini furono registrati nella tribù Velina.
Scavi sistematici effettuati dal Gentiloni Silverj (1881) uniti ai rinvenimenti vari effettuati nel corso dei secoli permettono di ipotizzare che il foro dell'antica città fosse nei pressi dell'attuale Piazza della Libertà. Da questa zona provengono un altare (ara) decorato con festoni del I secolo d.C. esposto al Museo Civico Archeologico, una colonna di tipo ionico recuperata da Palazzo Parisani poi posta sulla facciata del Municipio e resti di mosaico al di sotto di Palazzo Massi-Porcelli.
La via principale della città romana (decumanus maximus) viene identificata in Corso Garibaldi; il tipico impianto urbanistico a scacchiera è ancora riconoscibile nel centro storico di Tolentino.
Di recente sono stati individuati due pilastri di un ponte romano da identificare con l'accesso occidentale alla città.
A Est dell'attuale centro storico in contrada S. Egidio fu recuperata nel 1508 una statua femminile (I secolo d.C.) identificata con Giulia, la figlia dell'imperatore Tito. Il manufatto di pregevole fattura, fulcro della sezione romana della raccolta civica, originariamente era esposta sulla facciata dell'antico palazzo comunale. Alla fondazione del Museo (1882), tra i primi sorti nelle Marche, la statua fu spostata per volere del Silverj che decise inoltre di metterla al primo posto nell'inventario della raccolta. La statua, infatti, fu sempre molto cara alla cittadinanza, in quanto testimonianza dell'antichità di Tolentino, tanto che ci si rifiutò di donarla al cardinale di Mantova Sigismomdo Gonzaga divenuto poi governatore della Marca.
Nella stessa contrada intorno agli anni 1950 si rinvennero frammenti di pavimento e di una struttura appartenenti ad edifici di epoca romana non meglio identificati.
Di notevole importanza per la storia del sito l'iscrizione con dedica a Gallieno (253-268 d.C,) recuperata dal Gentiloni Silverj durante i lavori di restauro della Cattedrale di San Catervo dove fu reimpiegata in epoca medievale quando fu decorata con una raffigurazione di Cristo fra gli angeli Michele e Gabriele ed i santi Pietro e Paolo. All'interno di questa cattedrale è conservato il sarcofago di Flavius Iulius Catervius prefetto del pretorio ritiratosi a Tolentino. Il manufatto, realizzato anche per la moglie, viene datato tra il IV e il V secolo d.C. ed è ricco di raffigurazioni in basso rilievo. Nell'iscrizione di dedica ai defunti si riporta la notizia del monumento funerario fatto costruire dalla moglie Settimia Severa per il marito e la sua famiglia. I resti di questo monumento sono stati scavati nel 1980 nella sacrestia: si tratta di un edifico a pianta circolare coperto con una volta decorata a mosaico poi sostituita da un affresco.
Un ulteriore esempio di riutilizzo dell'antico è l'iscrizione relativa alla costruzione del Ponte del Diavolo avvenuta nel 1268 che fu realizzata su una porzione di sarcofago di età romana, attualmente esposta al Museo Civico Archeologico.
Le necropoli di età romana vengono localizzate poco al di fuori dell'attuale centro storico e nelle immediate vicinanze del fiume Chienti in base ai rinvenimenti di epigrafi, steli e monumenti funerarie nella zona a Sud delle mura e alle notizie desumibili dagli stessi testi epigrafici, molti dei quali sono esposti nella raccolta civica.