Nel 1909, un appena quindicenne Giuseppe Tucci (1894-1984), il futuro grande orientalista al quale Macerata ha dato i natali, compilò un lavoro su Ricina. Il manoscritto, attualmente conservato nel fondo Servanzi Collio della Biblioteca Comunale di S. Severino Marche, mostra un vivo interesse del giovane Tucci verso le antichità romane del territorio marchigiano, interesse che successivamente rivolgerà verso le civiltà del Medio Oriente e dell’Oriente. Il lavoro, che s’intitola Illustri città romane del Piceno poco conosciute: Elvia Ricina, è dedicato ai genitori e nonni «perché sempre meglio essi stimino la buona volontà del loro figlio e nipote». In cinquanta pagine il giovane studioso, dimostrando già grandi capacità e senso critico, ripercorre la storia della città dalle origini fino alla sua rifondazione in età severiana, utilizzando fonti archeologiche ed epigrafiche e corredando le sue osservazioni anche con immagini fotografiche. Soprattutto, colpisce quanto scrive nel paragrafo conclusivo “Le rovine di Ricina e gli scavi”, dove sottolinea non solo l’importanza dello studio del passato, ma esorta anche le istituzioni locali ad avere cura delle «patrie memorie», accusate invece di noncuranza, e a proseguire gli scavi a Ricina.
Sebbene il lavoro non sia esente da errori e criticità, soprattutto per quel che riguarda l’esame di alcune iscrizioni, mostra come Giuseppe Tucci rappresentasse già in giovane età una promessa per gli studi futuri sull’antichità.
Giuseppe Tucci and Ricina
In 1909, Giuseppe Tucci (1894-1984), the famous orientalist born in Macerata, wrote about Ricina: he was only fifteen years old. The manuscript, which is today kept at the Servanzi Collio fund of the Municipal Library of St. Severino Marche, shows the interest of its author in the Roman antiquities of the territory, that will later be transferred to Eastern and Middle Easter civilizations. The work, entitled ‘Illustri città romane del Piceno poco conosciute: Elvia Ricina’ (Illustrious and little-known Roman cities of the Piceno area: Elvia Ricina), is dedicated to his parents and grandparents “so that they can appreciate the willingness and effort of their son and grandchild”. Within fifty pages where the author proves his innate ability and critical sense, Tucci retraces the history of the city from its origins until its refoundation in the Severian era, making use of archaeological and epigraphic sources together with pictures backing up his observations. However, the most interesting part is to be found in the last paragraph ‘the ruins of Ricina and the excavations’, where he underlines the importance of studying the past while encouraging local institutions to take care of the ‘native memoirs’ and to carry on the excavations in Ricina.
Although the work is not exempt from errors and criticalities, especially as far as the analysis of some inscriptions is concerned, it nevertheless testifies for the abilities and talent of the young Giuseppe Tucci for the studies of antiquity that he would pursue later in his life.